L’Italia è il sesto esportatore mondiale di armi, rappresenta il 3,1% del mercato globale, con vendite superiori a 5,3 miliardi di euro. Questo dato, in crescita rispetto agli anni della pandemia, pone il paese dopo Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Germania. In tale contesto le relazioni dell’Italia con Israele e i Paesi arabi nel settore bellico rivelano dinamiche interessanti e contraddittorie. Israele non è un partner di rilievo per le esportazioni italiane. Nel 2022, l’Italia ha venduto a Israele solo 9,3 milioni di euro in armamenti, una cifra modesta rispetto ai 29 milioni del 2019. Le esportazioni italiane includono sistemi d’arma come munizioni, razzi e bombe. Al contrario, l’Italia importa considerevolmente da Israele: nel 2023, le importazioni di materiale militare hanno raggiunto i 31 milioni di euro, in crescita rispetto ai 9 milioni dell’anno precedente. Gli acquisti includono droni, velivoli spia e munizioni per mezzi corazzati. Il vero mercato per l’industria bellica italiana è rappresentato dai Paesi arabi. Nel 2022, l’Italia ha venduto al Qatar 260 milioni di euro in armamenti, seguiti da Arabia Saudita (123 milioni), Emirati Arabi Uniti (121 milioni), Kuwait (105 milioni) ed Egitto (72 milioni). Questa disparità riflette un posizionamento strategico diverso nei confronti delle parti coinvolte nei conflitti del Medio Oriente. Oltre all’import/export, esistono collaborazioni tra aziende italiane e israeliane. Ad esempio, Rheinmetall Italia e UVision hanno avviato la produzione di droni kamikaze Hero 30 in Italia, già utilizzati in conflitti a Gaza e in Libano. Tuttavia, l’utilizzo di armi testate su civili palestinesi solleva preoccupazioni etiche. Secondo i “Principi guida sulle imprese e i diritti umani” dell’ONU, gli Stati dovrebbero evitare contratti con aziende che violano i diritti umani. Nonostante ciò, tali principi non sono vincolanti, Siamo o non siamo la culla della civiltà europea? In UE si promuove sulla carta la tutela dei diritti umani ma importa massivamente armi israeliane senza freno. L’unico modo per bloccare l’importazione sarebbe embargo totale,che né l’Italia né UE, né le stesse Nazioni Unite hanno mai implementato. Nel frattempo, il commercio prosegue nonostante le accuse di crimini di guerra mosse contro Israele dalla comunità internazionale. La crescente corsa al riarmo in Europa, spinta dalla NATO, rende Israele un fornitore centrale, consolidando un mercato che alimenta profitti basati su test militari contro civili. Nel frattempo Il Parlamento Europeo con maggioranze risicate approva risoluzioni assurde che “esortano” i Paesi membri a rafforzare il sostegno e le spese militari per portare avanti guerre già perse. La corsa al riarmo a cui si assiste é sintomo degli interessi enormi di certa gentaglia e che noi popolino – con le nostre semplici indignazioni – non siamo e non saremo mai parte integrante delle decisioni che contano. Ti credi europeo? Ma se non sei neanche un cittadino!